BAMBINI TRASOGNATI/Gli echi di Pablo

-Posso raccontare un aneddoto?-
la voce di Pablo azzerava improvvisamente la noia delle lezioni. Una mano alzata e l’altra sui capelli lucidi, di un nero corvino quasi blu; impugnandone le lunghezze svelava una semi-rasatura al centro-sud del cranio.

Allievi e professori ad aspettare una delle sue uscite, sempre ad effetto. I più zelanti sollevavano gli occhi al cielo ancora prima che parlasse. Indubbiamente ci avrebbe raccontato storie incisive, bizzarre o anche apparentemente insensate e ci avrebbe fatto pensare.

Il mio ricordo più giocoso con Pablo risale ai tempi della scuola:
quando eravamo vicini di banco, ultima fila, un luogo di confine, dove si rideva e fantasticava ascoltando le lezioni o creandone di nostre.

Occhi vispi, color acqueo e roccioso, dietro una montatura di metallo sottile. Lui era un pentolone fumante di idee. Tanto sembrava irriverente, deciso e invulnerabile, quanto io insicura e taciturna.

Pablo scriveva e disegnava sul mio diario (e contemporaneamente mille altri quaderni, fogli agende e muri). Avevamo un tacito accordo per cui lui creava i disegni e io li coloravo. I suoi erano spesso commenti pungenti / esilaranti su argomenti di attualità, o sull’adolescenza incalzante e anche istantanee sull’ideazione dei Bambini dell’Asilo…

Mancino e instancabile. A volte passava ore a tessere poesie o macchinare racconti, come la saga a puntate del coniglietto Squit-Squit, che si concludeva col confronto tra il coniglietto futurista e il suo acerrimo nemico, il Mostro Orrendo. La sua calligrafia era unica e graziosa. Come se le parole nascessero già dotate di vita propria, NON CANCELLAVA o modificava quasi mai quello che aveva scritto.

Ci elencava storie di gruppi musicali assurdi, suoi miti assoluti che, tra noi anime alla periferia valsabbina, solo lui conosceva. Ne trascriveva canzoni e slogan. Non c’era fine alla sua pressante cascata di entusiasmo, incurante che l’ascoltatore non si dimostrasse per nulla interessato. Una forza della natura.

-ti lancio l’invettiva!- a volte rispondeva così a critiche e insulti nelle discussioni tra ragazzi.

Per molti anni lo ho scrutato e ammirato a distanza, anche quando in piena schiettezza si offriva a simpatiche fantasie romantiche. 😉 Una volta si è avvicinato con dei pezzi di plastica rosa sugli occhi e mi ha detto,- il nostro futuro insieme sarà roseo;-

o proposte buffamente indecenti, che suonavano proprio così: – perché non ci appropinquiamo in questo angolo soli, a cercare l’ebbrezza di una sensazione carnale?..-

Non aveva argini nel solcare i territori dell”osceno’ e trasbordare nel sublime, e viceversa. Aveva così rispetto per la parola Amore che la pronunciava senza articolo o senza apostrofo; oppure la lasciava sottintesa, troppo sfruttata per lui, troppo banale.

Mi faceva infuriare durante i compiti in classe, perché non copiava MAI: non solo non passava le risposte a nessuno, ma non le accettava dagli altri, a costo, seppur raramente, di non prendere la sufficienza. Non scendeva a COMPROMESSI.

Dopo la scuola lo ho seguito a varie lunghezze d’onda e tempi scombinati, con occasionali ‘giochi dell’assenza’. Ero stregata dalle sue avventure musicali, trascinante per il nostro gruppo di amici e per chiunque lo ascoltasse. Lavorava molto sodo per la sua I-DEA di musica e per non deludere i suoi BDA.

Non dimenticherò il suo sguardo più adulto, che ho adorato. Ti scavava le viscere, e insieme ti cullava, a volte beffeggiandoti. Ogni istante di quello sguardo era sublime e ultimo, sprigionava scintille di opposti: passione vorace e paura, fugacità e infinita irrequietezza. Un susseguirsi di Eros a Thanatos, Yin & Yang. Straripante emozione e pura genialità.

Gli echi:

Pablo mi ha insegnato a usare una lente invisible per vedere il mondo, compreso quello ‘sottosopra’. Uno spettro segreto intorno agli oggetti quotidiani, una sfera magica di poesia nascosta, che non avrei mai considerato da sola, specialmente nel mondo standardizzato di quegli anni. Mi ha scaraventato via dalla periferia mentale e dalla sabbia delle mie radici.

Questo per me è stato il suo regalo più sublime, che mi accompagna ovunque come filtro/unità di misura per disincantare, anche con umorismo, l’assurdità della vita.

È un ‘congegno del terzo millennio’, che mi permette di viaggiare nel tempo. Lo stringo forte quando il mondo degli adulti richiede troppo compromessi, a cui io sono costretta a cedere.

Così torno quasi bambina.

Ilenia
(Scritto il 15-16 dicembre 2022)